lunedì 31 gennaio 2011

Monte Scuderi 30 gennaio 2011

Ancor prima del sorgere del sole suona la mia sveglia, sono le 06:15. Mi alzo, lento, un po' rincoglionito, come da copione. Accendo il router, poi accendo il pc, poi alzo la serranda. Tutto da programma. E' il rito della mattina prima della bici, controllo previsioni del tempo online e poi guardo il cielo perchè delle previsioni non mi fido e ormai ho una certa esperienza ad azzeccare il tempo. Il cielo è coperto, c'è qualche spiraglio di luce, ma è di certo coperto. Non piove. Bene, se non piove, io esco. Mi vesto. Ho una la sensazione che uscirà una bella giornata, metto i pantaloncini e una maglietta non particolarmente pesante, nello zaino tutto quello che può servire per un'escursione con la neve. Casco, guanti e via. Scorro la città da nord a sud per arrivare al luogo dell'appuntamento: la sede della Gazzetta del Sud. Qui vedo ancora di più che il cielo è coperto, ma non mi dispero, c'è umidità e calura che sale dall'asfalto bagnato dalla pioggia della notte. All'appuntamento arrivo, come al solito, in anticipo, ma in poco tempo ci raduniamo, arriva la nostra guida: l'Illuminato Vito Freni. Siamo in 12, qualcuno sappiamo già che resterà indietro e farà fatica, ma Vito è fiducioso, mi dice "il gruppo pare buono, si può camminare". Mai parole furono più letali e meno indovinate. Dopo aver superato senza timore la pioggia iniziale che ci ha accompagnato per circa mezz'ora (senza però farci bagnare più di tanto) è uscito il sole (o quasi). Le mie previsioni erano giuste, la giornata ideale per pedalare. Purtroppo la salita è lunga e dura. Dobbiamo arrivare a 1020 metri s.l.m. circa e già i primi 500 metri, più in asfalto che in sterrato, per alcuni sono un interminabile calvario. Ma alla fine arrivano tutti. Si continua verso la cima, il fondo è sconnesso, ci sono sassi e pietre ovunque, la strada, non particolarmente larga, è occupata per metà da un canalone scavato dalla pioggia profondo almeno un metro. Finirci dentro significa farsi male, dunque si sta attenti e si cammina con cautela. Il fondo è quello della foto, almeno fino ai 700 m.s.l.m. 
Dopo comincia a diventare davvero impraticabile, purtroppo non ho una foto di quel tratto. La salita diventa drammatica quando, superata una frana, ci fermiamo per aspettare gli altri. Passano 15 minuti, qualcuno torna indietro per vedere se è successo qualcosa, torna dopo 15 minuti circa e non porta buone notizie. C'è stato un problema meccanico, bisogna tornare indietro. Non molto felice mi cambio la maglia pronto per la discesa ma ad un certo punto spuntano da lontano i "Minatori" (così li ha definiti Vito Freni). Dunque si può continuare a salire. Il problema meccanico è stato risolto usando il ferramenta che Maurizio Germanò si porta dentro lo zaino ogni volta che esce in mtb. Si continua la scalata e finalmente esce il sole, il termometro mi segna 13° C. e siamo a 1000 m.s.l.m., in basso la temperatura si alzerà fino a 16° C. Con grande fatica, affrontando una strada davvero devastata, si arriva alla base di monte Scuderi. Siamo a quota 1050, altri 200 metri di dislivello, di cui gran parte da fare a piedi, e si arriva alla cima. Noi per oggi ci fermiamo qui. Foto di rito e si comincia la discesa attraverso i tornanti di Pezzolo e di volata verso casa che abbiamo superato l'ora di pranzo.


sabato 29 gennaio 2011

Traguardi

Tante volte mi sono chiesto quali sarebbero stati i traguardi da me raggiunti, e non solo nello sport. Tutt'ora non sono riuscito a darmi risposta. Purtroppo credo che questa situazione non durerà per sempre, adesso "faccio" lo studente a tempo pieno e ho il tempo di allenarmi come e quanto voglio. Ma già tra due anni la musica dovrà cambiare e dovrò trovare il tempo di correre o andare in bici districandomi tra gli impegni di lavoro. Con tutta la disoccupazione che c'è in Italia parlare così può sembrare un insulto a chi il lavoro lo cerca e non lo trova, ma non è affatto così. La mia voglia di lavorare è tanta, molto più di quella che ho quando studio cose che so non mi serviranno mai nella mia professione. Ma oggi, anzi ormai da due anni, mi sono reso conto di quanto sia importante avere del tempo libero, anche solo per riflettere su quello che si è, e non essere risucchiati dalla vita. Fino a due anni fa la mia idea lavorativa era l'avvocato commercialista in un grande studio, uno di quelli dove ti pagano un botto e dove lavori anche 15 ore al giorno dormendo in ufficio. Ricordo che formulavo pensieri di questo tipo: "Con tutti quei soldi posso comprarmi tutte le biciclette che voglio". Adesso però mi rendo conto che quelle biciclette non avrei il tempo di usarle. E probabilmente non avrei il tempo di fare nulla. Anche io sono arrivato a pensare che i soldi non sono tutto, ciò non significa che non ne desideri una barca (come un po' tutti alla fine). Penso che il lavoro migliore sia quello equilibrato, pagato il giusto, in cui ci si impegna ma che dia respiro. Non voglio essere uno di quelli che pensano solo al lavoro, vorrei poter avere delle passioni anche tra 10 anni e vorrei poterle coltivare non solo saltuariamente. 
Ho parlato del lavoro perchè probabilmente per me è come un traguardo, un sogno che si realizza, cominciare a lavorare significa cominciare a pensare diversamente alla vita, cominciare a preoccuparsi delle cose serie e non delle stupidaggini. Ma ancora per 1 o 2 anni di certo non avrò di questi problemi. 

E i traguardi sportivi invece? quelli che fino ad ora ho conquistato fanno parte del mondo del running dove ho speso più tempo ed energie, la bici resta la mia passione, ma è davvero impensabile gareggiare come deve in un ambito dove c'è gente che non fa altro che allenarsi dalla mattina alla sera. E' un gioco al massacro. Nella corsa contano i tempi, si corre spesso soli con se stessi (da qui il titolo di questo blog). Nel running il traguardo è dentro la propria testa, lo si desidera, lo si studia, lo si conosce e alla fine lo si raggiunge con la volontà e l'impegno. Quando ho iniziato a correre la prima cosa che ho fatto è stata cominciare a girare per il web, trovando vari siti specializzati ed il fantastico runningforum.it che mi ha aiutato non poco. La prima gara, la Vivicittà, era lunga 12 km e si correva in una delle principali arterie della mia città, Via Garibaldi. 5 giri con leggera pendenza da un lato e leggera discesa dall'altro, la cosa peggiore per un principiante che non si regola con le proprie velocità. Parto senza orologio, all'epoca non lo usavo, correvo, come si dice in gergo "a sensazione" (che per me significa partire sparato e resistere soffrendo come un cane fino alla fine). Chiusi quei 12 km in 56 minuti se non ricordo male. Arrivai al traguardo con una faccia paonazza e sofferente. Ricordo perfettamente che gli ultimi 200 metri li feci in compagnia di un signore alto e con i baffi, a fianco a lui ero pronto per dar battaglia e non farmi superare sul più bello. Rimasi sorpreso quando mi disse una cosa tipo: "Tu sei giovane, VAI VAI!!!" e continuò a urlare fino a che non passai la linea del traguardo con uno scatto forse troppo azzardato. Quel signore lo rividi molto tempo dopo al campo di atletica, che ormai è diventata la mia dimora abituale, era il presidente della sezione provinciale della Fidal (ma lo scoprii molti mesi dopo). Da li è cominciato tutto. Mollai bruscamente le arti marziali, passione che mi accompagnava da circa 15 anni e mi dedicai alla corsa anima e corpo, accantonando a volte lo studio e la vita privata. Il 25 aprile (2 settimane dopo la Vivicittà) si correva la mezza maratona di Messina, ci volevo provare. Cominciarono gli allenamenti serrati, senza alcun criterio probabilmente, ma ogni settimana facevo un lungo dai 17 ai 21 km con in mezzo salite lunghe e devastanti. Sempre senza orologio (se ci penso adesso mi viene davvero da ridere). Arrivai alla gara completamente stanco, ma ancora non lo sapevo. Pronti, via! I primi 5 km va tutto bene, si entra nella zona militare della madonnina del porto. Affianco un ragazzone con completino nero, c'è scritto ASD Forte Gonzaga. Camminiamo a fianco senza guardarci, io lo studio, non so se lui fa lo stesso. Usciti dalla marina lui continua e io devo rallentare, comincia il mio calvario e siamo solo a 12 km. Quel ragazzo si allontana col suo passo, non ci siamo neanche presentati. Dovrei avere una foto di quel giorno. Eccola! Io ovviamente sono 
quello con la maglia sgargiante, guardo verso il fotografo. Oggi guardo questa foto e penso che il destino esiste. Perchè? Il fotografo è diventato il mio allenatore, e il ragazzo accanto a me è un mio compagno di squadra e carissimo amico. Incredibile la vita. Ma la gara continua e io devo fare i conti con gli atroci dolori, non avevo abbastanza fiato e ho dovuto rallentare. Prima del giro di boa incontro mio papà che era tornato dalla sua uscita in bici domenicale. Mi affianca e mi fa compagnia con la bici. Arrivati vicino al giro di boa devo camminare, non ho più fiato. Mio padre mi dice di ritirarmi se sto male. Non l'avesse mai detto, non sa che l'orgoglio è più forte e mi spinge a continuare anche in preda alle sofferenze più atroci. Passo il giro di boa e torno verso il traguardo. A circa 2 km mi affianco a un signore (forse era un altro mio attuale compagno di squadra ma al 17° km non ero più presente a me stesso dunque non ricordo con precisione) che non si vuole fare superare. All'ultimo km mando via mio padre che continua a parlare, voglio concentrarmi, sono quasi arrivato e il signore non molla, io mi sento un po' meglio e allungo il passo. Ad un certo punto, pur di non farsi superare si affianca così tanto che le nostre braccia si toccano.....è il momento. Scatto verso il traguardo e lo lascio di stucco, non se lo aspettava. Sorpresa! Prima mezza maratona della mia vita chiusa in 1h 47 minuti. Più tardi avrei fatto molto di meglio.

venerdì 28 gennaio 2011

Perchè sport?

Tante volte mi sono chiesto come mai, quasi inspiegabilmente, sia cresciuta in me questa incredibile voglia di sport. Altrettante volte ho cercato di trovare la risposta fallendo miseramente o perdendomi in ragionamenti astrusi con troppi passaggi per poter essere fatti a mente. Adesso vorrei essere analitico e provare a rispondermi con criterio. Si sa, la risposta trova la sua sede migliore nella domanda stessa, ed allora non mi resta che analizzare la domanda. Mi concentro sulla parola "sport", che sport? quanto sport? Queste domande sorgono spontanee. Andiamo con ordine. Pratico la bicicletta (mi piace dire così piuttosto che dire ciclismo) ormai da due anni, ma è solo da un anno che mi sto impegnando seriamente. Da qualche mese ho messo mani anche sulla mountain bike dunque ho una varia scelta di percorsi. L'altro sport è naturalmente quello più vecchio del mondo, non si pensi male, parlo della corsa a piedi o, come piace chiamarlo a noi addetti ai lavori, running. Corro da aprile 2010 più o meno, ho cominciato senza pretese a marzo ma il battesimo lo colloco ad aprile. Di preciso si tratta del 11 aprile 2010, giorno in cui si è corsa nella mia città (Messina) la Vivicittà, nota corsa amatoriale organizzata dalla Uisp (Unione italiana sport per tutti). Li per la prima volta nella mia vita ho indossato un numero ed è stato subito amore per la competizione. Ecco da li si è passati ad allenamenti serrati per poter correre, due settimane dopo, la mezza maratona di Messina (25 aprile). La sofferenza di quelle gare mi ha fatto amare la corsa.
Il ciclismo l'ho amato da subito, la tecnica di stare a ruota e di dare il cambio, il gioco di sguardi tra chi è in testa e chi sta per scattare, l'abnegazione di chi pedala in salita, il rumore della catena come un ronzio nel silenzio della campagna. Ci sono tanti motivi per amare la bicicletta da corsa. L'amore per la mountain bike è una conseguenza naturale. Anche in bici da corsa (da ora in poi abbreviato in bdc) ho gareggiato, ma la prima gara è venuta solo dopo aver indossato i pettorali da running (pur avendo iniziato a pedalare un anno prima). Era il 10 luglio 2010, mi ricordo tutto di quel giorno. Sveglia alle 4.30 del mattino, partenza per Capizzi (ME) alla volta di una GF di 120 km facente parte del circuito della Coppa Sicilia (circuito patrocinato dalla uisp). Arriviamo presto, con calma ci si prepara, non sappiamo come riscaldarci, siamo dei principianti, io, mio padre e qualche altro amatore della Cicloturistica dello Stretto di Messina. Partiamo, due salite, la seconda da 30 km, dura, infinità e con 30° gradi. Arrivo morto in cima.....piango. Li ho capito....io voglio correre anche in bici.

Ed è stato così che è cominciata la mia storia sportiva, destinata, almeno per il momento, a non chiudersi.